lunedì 10 novembre 2014

L'approvazione dell'Italicum: quando la strategia politica e la ragionevolezza non corrono sullo stesso binario

Da una manciata di giorni a questa parte, il premier Renzi sembra aver cambiato strategia rispetto all’iter di approvazione dell’Italicum, la legge elettorale “figlia” del patto siglato in Largo del Nazareno a Roma tra il Presidente del Consiglio e il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Se finora il testo provvisorio della legge era stato lasciato (e dimenticato) in un cassetto di una scrivania di Palazzo Madama, oggi Renzi sembra volerlo riprendere in mano non solo per riportarlo sotto i riflettori del circo mediatico, ma anche per plasmarlo a sua immagine e renderlo di nuovo protagonista degli ordini del giorno delle Commissioni Parlamentari.

La Corte Costituzionale, nella famosa sentenza boccia-Porcellum (1/2014), aveva invitato le forze politiche (pur se tra le righe) ad impegnarsi affinché una nuova legge elettorale venisse approvata prima di nuove elezioni, tranquillizzando allo stesso tempo i più scettici sulla pacifica applicabilità della normativa di risulta, ossia delle disposizioni sopravvissute alla cesoia dei giudici costituzionali.

L’ex sindaco di Firenze avrebbe giurato al Quirinale qualche settimana dopo e, come sappiamo, già allora Renzi non aveva dubbi sul come e sul quando delle riforme istituzionali: avviare subito l’iter delle riforme costituzionali (Senato-Titolo V etc.) e “agganciare” a quest’ultimo il procedimento relativo all’Italicum. Il perché era (ed è) chiaro: Renzi aveva in mente una legge elettorale che andasse applicata esclusivamente alla Camera e non al Senato elettivo, le cui esequie sembravano allora già fissate.

Oggi, quell’aggancio sembra non esserci più; oggi Don Matteo (grazie, Serra) spinge per un’approvazione celere del disegno di legge, il quale possibilmente contenga le modifiche da lui tanto anelate, quale ad esempio quella del “premio di lista”, che permetterebbe di avere l’agognato governo “monocolore”. Nel frattempo il patto con Berlusconi scricchiola: l’ex premier sa che il “sì” all’Italicum potrebbe significare elezioni anticipate e, come noto, nulla più di uno scenario simile spaventa al momento il vecchio leone, depauperato di consenso e credibilità.

Il Re della Leopolda sembra tra l’altro non badare a quanto sostenuto dalla Corte Costituzionale, la quale (come riportato da Ainis sul Corriere) ci tiene a precisare che l’ipotesi di coesistenza - non affatto di scuola - di due leggi elettorali, una supermaggioritaria per la Camera e l’altra superproporzionale per il Senato, va ad offendere “i principi di proporzionalità e ragionevolezza”.

Perché, dunque, Renzi sembra non transigere sull’esigenza di mettere il piede sull’acceleratore della “macchina Italicum”? Semplice: in primo luogo perchè quella soglia necessaria a “beccarsi” il premio di maggioranza (qualche volta attestantesi al 37%, altre volte salita al 40%) sembra esageratamente vicina e umana e afferrabile dopo il voto di maggio; in secondo luogo perché l'inquilino di Palazzo Chigi sa bene che la legge elettorale non richiede, al fine dell’approvazione, le maggioranze previste per le leggi costituzionali: la maggiore speditezza delle procedure parlamentari potrebbe non rendere utopico il “sì” all’Italicum entro le prime settimane del 2015.

Quale potrebbe essere l’unico ostacolo alla marcia apparentemente inarrestabile della nuova legge elettorale? Giorgio Napolitano. Sì, proprio lui, che sembra intenzionato a lasciare il Quirinale a fine anno. Lui, poverino, sperava di poter vedere la “nascita” dell’Italicum nelle more del mandato. L’annuncio ufficioso delle dimissioni pare invece essere segno di insofferenza nei confronti dell’eterna indecisione dell’intera compagine politica del nostro Paese. Comunque, è chiaro che le procedure per l’elezione del nuovo Presidente impegneranno per un tempo indefinito entrambi i rami delle Camere, i quali saranno costretti di nuovo a riporre nel cassetto il testo della approvanda legge elettorale.


Dal Quirinale ancora nessuna nota di conferma sulle intenzioni a breve termine del Presidente. Quindi, così stando le cose, il treno va. E spedito pure. Avviso ai gentili passeggeri: non ferma alle stazioni “ragionevolezza” e “proporzionalità”.

OMAR PALLOTTA

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