giovedì 8 settembre 2011

La Regione Abruzzo e le IPAB: quando ridurre la spesa pubblica ha un costo

Nella seduta del primo settembre scorso, il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare dinanzi alla Corte costituzionale la legge n. 17/2011 della Regione Abruzzo. Con detta legge, approvata nel giugno di quest’anno, il Consiglio regionale si è proposto di riordinare il sistema delle IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza), dando con ciò seguito a quanto richiesto dal Legislatore statale negli anni 2000 e 2001. In questo modo, si è stabilito che le oltre 100 IPAB abruzzesi dovessero estinguersi oppure trasformarsi in ASP (Aziende Pubbliche di Servizi alla persona) o anche in “soggetti aventi personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro”. Un obiettivo forse non del tutto incomprensibile, in quanto apertamente indirizzato a razionalizzare il settore dei servizi sociali e a ridurne la spesa pubblica. Il fatto singolare, però, è che nel suo ricorso il Governo sostiene che la legge della Regione violi i principi di coordinamento della finanza pubblica (la cui disciplina è dalla Costituzione riservata in via esclusiva allo Stato). Cioè, a dire: la legge della Regione, che ha per obiettivo il contenimento della spesa pubblica, si porrebbe in contrasto con i principi di contenimento della spesa pubblica.
In un’intervista rilasciata qualche giorno fa ad una emittente televisiva locale, l’Assessore regionale alle Politiche sociali Gatti ha, tuttavia, definito l’impugnazione del governo come “cautelativa” e solo relativa a “questioni di carattere tecnico”. Questa lettura della vicenda mi lascia piuttosto perplesso. Anzitutto perché l’impugnazione non ha in sé nulla di “cautelativo”, ma si configura come un autentico ricorso ai sensi dell’art. 127 della Costituzione. In secondo luogo, perché l’impugnazione non è sostenuta da censure di carattere “tecnico”, se con questa espressione si vuol intendere che la legge sia illegittima per vizi di forma o per trascurabili dettagli, che appassionano solo gli addetti ai lavori. La legge della Regione dispone, infatti: che le IPAB, in attesa di riordino, non possano procedere a nuove assunzioni … a meno che ciò non sia necessario; che le ASP, una volta costituite, siano tenute ad utilizzare il personale già in servizio presso le IPAB, senza possibilità di assumere altro personale … a meno che ciò non sia necessario; che qualora si debba procedere a nuove assunzioni, le ASP possano farlo “mediante specifiche selezioni” (con ciò violando non solo i principi di coordinamento della finanza pubblica, ma – secondo il Governo – anche il principio che impone che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si acceda mediante concorso pubblico, ex art. 97 della Costituzione); che al Presidente (nominato dalla Giunta regionale su proposta dell’Assessore alle Politiche sociali) e a ciascun componente del Consiglio di amministrazione dell’azienda sia corrisposta un’indennità annua lorda: per quanto concerne il Presidente, per un importo non superiore “al venti per cento dell’indennità base spettante ai Direttori Generali delle Aziende USL dell’Abruzzo”; per quanto riguarda i consiglieri, per un importo “pari al sessanta per cento di quella spettante al Presidente”.
Non proprio un dettaglio, come si vede. Soprattutto in considerazione del fatto che la legge dello Stato vuole che “la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione”, sia “onorifica” e che possa dar luogo solo al rimborso delle spese sostenute. O, tutt’al più, alla corresponsione di un gettone di presenza, che non superi i 30 euro a seduta giornaliera.

ENZO DI SALVATORE

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