domenica 9 marzo 2014

Una nuova risoluzione sulle attività petrolifere in terraferma ovvero come illudere i cittadini

Il 6 marzo scorso è stata presentata una risoluzione in Commissione ambiente (n. 7-00291) a firma di alcuni deputati del PD (Mariastella Bianchi, Famiglietti, Braga, Borghi, Bratti, Paris, Manfredi, Gadda, Mariani, Ginoble, Arlotti), con cui si vorrebbe impegnare il Governo ad adottare tutte le iniziative necessarie: 1) “ad una revisione del sistema delle autorizzazioni delle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma prevedendo un coinvolgimento maggiore del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e degli enti locali competenti anche redigendo griglie di valutazioni, in grado di recepire, oggettivamente, i punti di criticità, come quelli in premessa esposti, la cui valutazione o recepimento, al momento, sono totalmente delegati al valore ad essi riconosciuto dai richiedenti concessione, nelle proprie «Valutazioni di incidenza», subordinando, in ogni caso, il rilascio delle prescritte autorizzazioni alla preventiva realizzazione a cura e spese dei soggetti richiedenti di idonei sistemi di analisi, controllo e monitoraggio dell'impatto ambientale e sanitario delle attività di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi”; 2) “a prevedere precise modalità volte ad ottenere un maggiore coinvolgimento degli enti locali e delle popolazioni interessate dai progetti di ricerca garantendo in particolare il rispetto di tutti gli obblighi derivanti dalla convenzione di Århus a tutela del fondamentale diritto di dei cittadini di essere informati e di partecipare a tutte le fasi dei processi decisionali in materia ambientale”; 3) “a prevedere modalità precise di recepimento oggettivo delle osservazioni, degli enti locali, sui progetti che riguardano i propri territori ed i livelli di invasività di azioni esterne, sui modelli di sviluppo che i territori hanno scelto di intraprendere all'interno delle auspicate logiche di sviluppo sostenibile”.
I deputati che hanno sottoscritto il testo della risoluzione – che, con l’eccezione dell’on. Bianchi, non erano presenti quando ho svolto l’audizione presso le Commissioni riunite VIII e X e che evidentemente non hanno neppure letto la relazione che ho fatto pervenire loro – mostrano di non conoscere a fondo la normativa vigente in materia. Essi, infatti, chiedono al Governo di attivarsi affinché gli Enti locali siano MAGGIORMENTE COINVOLTI nei procedimenti per il rilascio dei titoli minerari, quando, invece, la legge n. 99 del 2009 non consente ALCUNA partecipazione degli Enti locali, tranne che per l’autorizzazione alla perforazione del pozzo esplorativo. Infatti, i permessi di ricerca e le concessioni di coltivazione sono rilasciati dallo STATO con la partecipazione delle sole REGIONI interessate. Proprio per questo, con il ricorso presentato al TAR Lazio avverso il permesso di ricerca in terraferma “Colle dei nidi” abbiamo sollevato la questione di legittimità costituzionale relativa alla mancata partecipazione ai procedimenti autorizzatori dei Comuni (visto che stiamo parlando di funzioni amministrative). Al di là di ciò, c’è comunque da chiedersi perché mai i deputati del PD, anziché perdere tempo con gli atti di indirizzo, non si attivino per: 1) presentare un progetto di legge che ridisegni in modo organico e sistematico la materia (lo potrebbe fare direttamente anche il Governo Renzi); 2) convincere il Governo Renzi ad intervenire con decreto-legge se – come sembra dedursi dal testo della risoluzione (ove si discorre dei rischi di dette attività per le falde acquifere, ecc.) – si ritiene che vi sia assoluta necessità e urgenza di intervenire sul problema. Del resto, per lo “sblocco” delle attività petrolifere in mare lo si è fatto (decreto-sviluppo 2012), consentendo, così, che taluni procedimenti (come quello relativo ad “Ombrina mare” in Abruzzo) fossero riattivati.

ENZO DI SALVATORE

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