I comunicati e le relazioni di
Medoilgas spiegano ben poco soprattutto a chi, come noi, non ha frequentazioni
nella City londinese e spiegano ancor meno ai media generalisti.
La notizia pubblicata la scorsa
settimana con grande enfasi su quotidiani e siti web: il 23 maggio scorso i
boards delle compagnie Rockhopper (RKH) e Mediterranean Oil & Gas plc (MOG)
annunciano di aver aggiunto un accordo sui termini di acquisizione di MOG da
parte di RKH al prezzo di £ 29.300.000. MOG porta in dote ad RKH £ 10.000.000
che MOG ha in cassa.
In apparenza tutto sembrerebbe
filare a meraviglia ma … i piccoli investitori si chiedono un po’ frastornati:
"Chi ci guadagna in questa operazione? E’ stato un buon affare?"
Sembra voler rispondere loro
Keith Henry di MOG: "Questo è un buon affare per i nostri azionisti in
quanto offre loro la combinazione di contanti ed azioni …. Prevedendo anche la
possibilità di beneficiare del potenziale di apprezzamento legato alla nostra
concessione di Malta. Purtroppo, una serie di battute d'arresto lo scorso anno
con Guendalina, principale attività della produzione di MOG, ed i continui
ritardi normativi per Ombrina Mare … ci hanno impedito di attuare una strategia
di crescita del nostro portafoglio nel Mediterraneo. Nelle attuali condizioni di
mercato, il board di MOG crede fermamente che questo obiettivo possa essere
raggiunto solo da una società significativamente più capitalizzata …".
Vero è che MOG, sfiancata per
Guendalina ed Ombrina, era in debito di ossigeno con "appena" 10
milioni di sterline in cassa ma ancor più vero è che avrebbe potuto attendere
ancora un po’ per vendere, giusto il tempo di vedere sbocciare i suoi progetti
maltesi per il cui sviluppo 10 milioni di sterline sarebbero stati sufficienti.
Così dicono fonti ben informate.
Secondo alcuni, infatti, il
prezzo della cessione sarebbe stato così basso a tal punto da non ripagare
degli investimenti fatti anche la maggior parte dei componenti del Consiglio di
amministrazione di MOG.
MOG avrebbe potuto vendere ad un
prezzo più alto e invece … Perché tanta fretta? Perché anticipare di due mesi
il giudizio sfavorevole del TAR Lazio su Ombrina andando a siglare, secondo
alcuni, un accordo di riservatezza con la RKH nello scorso mese di febbraio?
Chi ha risposte da dare risponda.
Ripercorrendo l'evolversi di
numerosi casi simili, viene da chiedersi se MOG si sia venduta a se stessa e se
l'operazione sia stata pilotata dai gruppi finanziari che ne detengono il
controllo; ad esempio, dal Gruppo di investimento americano Och-Ziff, uno dei più
grandi al mondo, con beni gestiti per oltre 33 miliardi di dollari, che detiene
il 28,18% di MOG ed il 3,26 di RKH. Cambia il vestito ma non il monaco.
Inoltre, rileggendo le varie
tappe della storia italiana di MOG, prima Intergas Più ed ancor prima Gas della
Concordia Spa, si ha la netta sensazione di assistere alla replica di un film
rimasterizzato, visto e rivisto.
Una delle puntate più celebri di
questa infinita serie televisiva fu perfino oggetto, nel 2008, di
un'interrogazione presentata alla Camera da Elisabetta Zamparutti che snocciolò
fatti sconcertanti, culminati con il passaggio della proprietà del pozzo
"Monte Grosso 2" dalla Intergas Più, controllata della Concordia Spa
(poi Coopgas), proprio a Medoilgas.
Quella importante operazione
finanziaria, che per la parte lucana relativa al pozzo "Monte Grosso
2", trovò una sponda nella Giunta di centrosinistra della Regione
Basilicata, in realtà interessò anche altre regioni, Abruzzo compreso.
Nel bel mezzo dell'accordo
siglato tra Intergas Più e Medoil finì anche il permesso di ricerca B.R269GC,
noto ai più come "Ombrina". Come "Monte Grosso 2", Ombrina
passò dalla Gas della Concordia S.p.a. (titolo conferito con D.M. 5 maggio
2005) alla controllata "Intergas Più" il 28 luglio 2005. Da Intergas
Più, Ombrina finì poi nel "paniere" di MOG l'11 marzo 2008 assieme a
numerosi altri titoli minerari abruzzesi, lucani, marchigiani, molisani,
pugliesi, emiliano-romagnoli, ecc.; in particolare:
- permessi di ricerca: Guardia
Vomano, Settecerri e Sulmona in Abruzzo); Serra San Bernardo, Masseria Gaudella
e Torrente La Vella in Basilicata; Agugliano e Montemarciano nelle Marche), e
A.R81.FR (Alto Adriatico tra Pola e Porto Tolle);
- concessioni di coltivazione:
Castel Di Lama nelle Marche; Masseria Grotta Vecchia, Masseria Petrilli,
Torrente Celone, Masseria Acquasalsa e Lucera in Puglia; Misano Adriatico,
Monteardone e Fornovo di Taro, in Emilia Romagna; Monte Verdese, Scanzano e San
Teodoro, in Basilicata; S. Andrea in Veneto e Friuli Venezia Giulia; Torrente Cigno
in Molise; San Basile e San Mauro in Abruzzo; infine A.C19.PI, nell'Alto
Adriatico, a largo di Porto Tolle.
Ma vi sono anche altre analogie
tra "Monte Grosso 2", in Basilicata, ed i titoli minerari abruzzesi:
il pozzo esplorativo "Monte Grosso 2" ottenne il via libera dalla
Giunta Regionale della Basilicata (Presidente Di Filippo, centrosinistra) il 5
novembre 2007; i titoli abruzzesi on shore Sulmona (petrolio!!) e Vomano (gas)
vennero conferiti dopo il rilascio dell'Intesa da parte della Regione Abruzzo,
avvenuto rispettivamente il 21 settembre 2006 ed il 14 marzo 2005. La Giunta
Regionale era quella presieduta da Ottaviano Del Turco, strenuo difensore del
progetto del Centro Oli di Ortona.
Se in Basilicata, già nel 2008,
furono in diversi ad indicare nelle Coop ed in Unipol due tra i principali
protagonisti del "giro" del petrolio lucano, altrove (Abruzzo
compreso) ancora oggi si stenta ad inquadrare l'inizio del processo di
involuzione petrolifera di quelle regioni in un più ampio contesto nazionale. Limite
non da poco soprattutto per chi vorrebbe contrastare le compagnie petrolifere
che, come noto, equiparano Stati e regioni a pure espressioni geografiche.
Per tutte le ragioni storiche fin
qui spiegate, riteniamo che sperare e confidare nel neo-eletto Presidente della
Regione Abruzzo, al tempo favorevole, con Del Turco, alla realizzazione del
Centro Oli di Ortona, perché batta i pugni sul tavolo del Premier Renzi o
sistemi non si sa cosa nell'Italia futura prossima del Titolo V della
Costituzione riformato e a guida egemone PD, sia cosa vana ed inconsistente
rispetto alla dura pietra di cui è fatto quel gruppo di potere che in Abruzzo,
come anche in Basilicata, ha "inventato" la Strategia Energetica
Nazionale diversi anni prima che questa vedesse la luce nel marzo del 2013.
Quel gruppo di potere, a dispetto
del tempo trascorso e della marcia dei 40.000 a Pescara, è ancora lì, pressoché
inamovibile, più coeso di prima.
Coordinamento Nazionale NO TRIV
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