sabato 11 gennaio 2014

Ognuno se la S.E.N. e se la canta come vuole!


Il controverso documento che contiene la S.E.N. si articola in 139 pagine di testo.
Sovente ripetitivo, nei suoi primi dieci mesi di vita, strada facendo si è trasformato nel cilindro del celebre Mago Houdini: ognuno ci legge ciò che più reputa conveniente ed opportuno.
Non si può affermare, tuttavia, che in questo caso la colpa sia tutta del lettore non acculturato o dell’interprete smaliziato: una scrittura meno ambigua, che non mettesse assieme le parole “produzione sostenibile” ed “idrocarburi nazionali” o il superamento degli obiettivi di decarbonizzazione definiti nella Roadmap 2050 con il rilancio delle attività legate ai combustibili fossili, tacendo peraltro sul redivivo carbone, avrebbe reso tutto meno opaco.
Ci sono tuttavia alcuni aspetti della S.E.N. che meritano di essere considerati: il richiamo all’obiettivo dell’efficientamento energetico e la prevista reintroduzione della carbon tax.
In entrambi i casi abbiamo a che fare più con enunciazioni teoriche, soprattutto nel secondo, che non piani d’azione coerenti con gli obiettivi della Strategia Energetica Nazionale.

EFFICIENTAMENTO - “Fare di più con meno” non risponde soltanto a quella logica di ottimizzazione che connota il sistema capitalistico ma anche a principi di sobrietà -da non confondersi con quello di “austerità”- che riconosciamo come parte del nostro patrimonio culturale e che segna, nella nostra visione dell’economia, lo spartiacque tra una buona ed una cattiva “crescita”.
Dal dire al fare … Recita testualmente la S.E.N. a pagina 42: “Dato che le azioni di efficienza energetica hanno spesso un ritorno economico positivo, in uno scenario puramente razionale, ci si aspetterebbe che tali azioni e investimenti si realizzino spontaneamente, guidati dalle logiche economiche e dal mercato. Il meccanismo virtuoso è però ostacolato da numerose barriere all’adozione di tecnologie per l’efficientamento, diverse in base al settore”.
Segue un’analisi settoriale (industria, edilizia residenziale, trasporti, pubblica amministrazione, ecc.) sia delle criticità sia delle misure adottate e da adottare. Ricordare come poco o nulla sia stato fatto in materia di mobilità e di urbanistica sostenibile (es.: con le smart cities), di ammodernamento dell’azione della pubblica amministrazione, di investimento nella ricerca piuttosto che di incentivazione alla conversione in senso “green” di taluni processi produttivi che sprecano risorse ed impattano sull’ambiente, sarebbe fin troppo scontato.
Preme invece porre in evidenza una contraddizione ancora più stridente: la S.E.N.: pone tra i propri obiettivi l’efficientamento energetico. Afferma essa stessa che esistono oggettive barriere all’adozione di nuove tecnologie “not energy intensive” o “not CO2 intensive” che dir si voglia. Individua le criticità e disegna linee, anche finanziarie, di intervento. Ma non ritengono gli ideologi della S.E.N. che, “in uno scenario puramente razionale”, nel momento in cui la politica energetica del nostro Paese marcia verso l’obiettivo del rilancio delle fonti fossili -carbone incluso-, gli investitori siano dissuasi dallo scommettere su ricerca ed innovazioni tecnologiche “green” ed indotti invece a puntare su progetti con payback meno lunghi?
Così Il Presidente di Confindustria: “La green economy ha un ruolo chiave nella sfida ambientale lanciata a livello europeo con l'accordo 20-20-20, deve essere trasformata in un'opportunità di crescita tecnologica e industriale per il nostro paese. Il pilastro portante della green economy in Italia è individuabile nell'industria dell'efficienza energetica”.
"Abbiamo realizzato uno studio sull'impatto economico dell'efficienza energetica. Oggi ci sono 250 imprese coinvolte nella domanda per investimenti per l'efficienza. Nel periodo 2014-2020 con l'adozione delle proposte suggerite dal nostro studio si potrebbe avere incremento della produzione industriale di 65 miliardi all'anno e un aumento dell'occupazione di circa 500 mila unità".
Le affermazioni perentorie di Giorgio Squinzi si commentano da sole. Ancor più eloquenti quelle di Guido Barilla: “Confindustria si occupi dei produttori, fuori i servizi” come Eni, Enel o Ferrovie.
C’è un ulteriore elemento di cui occorre tener conto: la S.E.N. indica tra le priorità d’azione -sette in tutto- la “Produzione sostenibile di idrocarburi nazionali”. In tutto questo il nostro Paese agisce in modo coerente con quanto sta avvenendo anche in Grecia, Albania, Montenegro, ecc., e all’interno di un contesto internazionale in cui, secondo il Fondo Monetario Internazionale, tra tutte le fonti energetiche quelle più incentivate sono proprio quelle fossili.
Il rischio paventato dal noto Gruppo Bancario HSBC, è che premendo l’acceleratore sulle “fossili”, reso ancor più frizzante dalle varianti shale gas e shale oil, la comunità internazionale stia alimentando il rischio di una nuova bolla speculativa (v. http://qualenergia.it/articoli/20130204-finanza-fossili-e-allarme-di-hsbc-attenti-alla-bolla-della-co2) con tutte le nefaste conseguenze del caso.

CARBON TAX - Last but non least, la CARBON TAX che troviamo alle pagine 73, 77 e 98 della S.E.N.. Data per scontata la condivisione del fondamento della Carbon Tax (“Chi più emette biossido di carbonio in atmosfera più paga”), nelle intenzioni dei redattori della S.E.N. l’introduzione della Carbon Tax avrebbe dovuto apportare le risorse finanziarie necessarie anche per alleggerire il peso degli incentivi alle “rinnovabili” o di futuri interventi finalizzati all’efficientamento energetico.
E invece … nel lessico della politica italiana “Carbon Tax” è diventata oramai parola tabù e per alleggerire il peso in bolletta degli incentivi alle “rinnovabili” il Governo si è inventato un sistema di rimodulazione volontaria degli incentivi (detto “spalma incentivi”), prevedendolo nel Decreto “Destinazione Italia”.


Enrico Gagliano
Comitato Abruzzese per la Difesa dei Beni Comuni (aderente al Coordinamento Nazionale NO TRIV).    

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